Qualche mese addietro, prima del verificarsi della grave crisi epidemiologica da Coronavirus che sta attanagliando il tessuto economico-finanziario del nostro Paese, avevamo proposto un articolo nel quale venivano sottolineate le enormi difficoltà di accesso al sistema creditizio che i piccoli imprenditori incontravano a cospetto degli Istituti bancari. Il testo metteva in evidenza come le idee imprenditoriali, volte a lanciare una nuova azienda o ad ampliare un’attività d’impresa già esistente, avevano bisogno, inevitabilmente, di essere supportate da risorse finanziarie che, purtroppo e troppo spesso, venivano erogate a fatica da un sistema bancario sempre più riottoso ad iniettare liquidità sui conti correnti degli impresari che ne facevano richiesta. Questa situazione, già nel periodo ante-Covid19, provocava negli operatori economici sfiducia e sconforto, per di più se si considera che persino richieste di accesso al credito non particolarmente cospicue erano assoggettate a sproporzionate pretese di garanzie, fideiussioni, avalli o a calcoli di rating al limite del paranoico. Nel caso in cui l’imprenditore riusciva, faticosamente, ad ottenere, il tanto sospirato “semaforo arancione”, il direttore locale di filiale era obbligato ad acquisire il via libera al finanziamento da parte degli Uffici centrali attivando, di conseguenza, procedure burocratiche capaci solo di complicare l’erogazione del prestito stesso e rallentando, indirettamente, il ritmo produttivo del sistema Paese. L’articolo si concludeva con l’auspicio che le banche tornassero in fretta a fare del “credito alle piccole e medio imprese”, il proprio core business, abbandonando quelle politiche d’investimento verso ”derivati tossici” o altri prodotti similari che hanno dimostrato, nel tempo, di risultare fallimentari o addirittura nocivi per tutto il sistema bancario.

Oggi, in piena Fase 1 da Coronavirus e in attesa di entrare nella Fase 2, in cui è prevista una progressiva ripartenza delle attività aziendali, dobbiamo constatare che la problematica dell’accesso al credito, descritta in precedenza, piuttosto che tendere ad un alleggerimento burocratico si sta indirizzando, paradossalmente, verso un ulteriore inasprimento documentale. Il Decreto Liquidità con il quale il Legislatore ha voluto prevedere la possibilità di concedere, in maniera rapida e immediata,“respiro finanziario” alle imprese italiane bloccate dall’epidemia, sta incontrando svariati ostacoli e lungaggini applicative, per via di un sistema bancario sempre più “burocrate”. Per esempio, la semplice modulistica di accesso al finanziamento di importo fino a € 25.000, garantito dallo Stato e allegata al Decreto Liquidità, è stata appositamente studiata per essere inviata da ciascun imprenditore e libero professionista alla propria filiale attraverso una mail ordinaria, evitando lo spostamento fisico in banca per via del lockdown. Naturalmente, come da prassi nel bel Paese, per la stragrande maggioranza degli Istituti bancari la modulistica in questione risulta inadeguata. I piccoli imprenditori e i lavoratori autonomi, infatti, dopo aver inviato alle reciproche banche il modello predisposto dal Ministero ex art. 13 del D.L. Liquidità, si vedono invitati a fornire, da parte degli Istituiti di credito stessi, ulteriori e numerosi documenti aggiuntivi, per lo più ripetitivi, con i quali si richiedono sempre gli stessi dati anagrafici e reddituali. A questo punto l’imprenditore, una volta presentata tutta la documentazione, richiesta ma non necessaria, avvalendosi della consulenza del proprio commercialista, viene messo in attesa di responso da parte del “bancario” di turno, seppur la norma reciti testualmente: “…..in favore dei soggetti beneficiari l’intervento del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese è concesso automaticamente, gratuitamente e senza valutazione…….”!

Ora, vogliamo ben sperare che sia bassissima la percentuale delle istanze per le quali il “verdetto emanato”, sempre dal “bancario” di turno, sarà “istanza non idonea”“istanza non accettata”“istanza sospesa” o, peggio, “istanza non ammessa per superamento del plafond”, nonostante la Garanzia dello Stato per importi fino ad € 25.000 sia fissata al 100% e con tassi d’interesse prossimo allo zero. Nel frattempo, il tempo passa….e gli imprenditori attendono. Fiduciosi? Il dubbio che lo siano ci assale. Disperati? Esasperati? Qui abbiamo una quasi certezza. Non si può vivere ancora in un mondo smart con la elefantiaca lentezza dei tempi di Napoleone, autore primigenìo della “burocrazia” come strumento di gestione e amministrazione della cosa pubblica. La domanda è tanto istintiva, quanto addirittura ìlare: se la modulistica è stata emanata dagli organi istituzionali superiori, perché le banche fanno “orecchio da mercante” e vessano gli imprenditori?

Ci sentiamo di concludere affermando che, quantunque la nostra classe politica voglia sforzarsi nel produrre norme di rapida applicabilità, non riuscirà nell’intento fino a quando il sistema bancario resterà legato ai formalismi, ai cavilli burocratici e lontano anni luce dalla tanto acclarata dematerializzazione.

A cura di Fabio Caravaggio