Sfoltire le tax expenditures. Suona un po’ strano tornare a parlare di riordino delle agevolazioni fiscali proprio mentre, come effetto indiretto della pandemia, la loro diffusione tocca livelli mai visti in precedenza. Anche per fantasia: bonus per bici e monopattini, vacanze, nonni, casalinghe, che si affiancano a misure che hanno almeno il pregio di apparire meno estemporanee.

Ma tant’è. Il taglio delle tax expenditures – insieme alla revisione della spesa – rappresenta una delle promesse di finanza pubblica più tradite dell’ultimo decennio (si cominciò a parlarne nel 2010, quando al ministero dell’Economia sedeva Giulio Tremonti). Nonostante svariati censimenti più volte aggiornati, ogni tentativo di riordino è stato puntualmente tradito nel peggiore dei modi: le agevolazioni non solo non sono mai diminuite, ma, al contrario, sono puntualmente cresciute. L’ultimo rapporto sulle tax expenditures predisposto dalla commissione guidata da Mauro Marè ha censito nel 2019 ben 533 voci, 20 in più rispetto all’anno precedente e quasi 50 in più rispetto al 2017, con un costo per l’Erario di circa 62,5 miliardi di euro in termini di minori entrate.

Una vera e propria giungla di bonus e agevolazioni, regimi speciali, detrazioni, deduzioni ma anche esenzioni, esclusioni, aliquote ridotte (si pensi all’Iva) che gli “addetti ai lavori” definiscono sagacemente le “mele avvelenate” del sistema fiscale: «Molto attraenti, ma tossiche». Tossiche perché costosissime e spesso inefficaci in termini economici. Perché creano iniquità, hanno generalmente effetti regressivi, premiano chi ha di più e chi può spendere di più. E perché sono relativamente facili da introdurre ma difficilissime da eliminare, come la vicenda del bonus degli 80 euro dimostra: persino il governo Lega-5 Stelle aveva rinunciato all’idea di sopprimerlo, perché sarebbe stato troppo complicato spiegare a 10 milioni di lavoratori dipendenti che avrebbero perso fino a 960 euro netti all’anno.

L’effetto coronavirus

La pandemia ha ulteriormente complicato il quadro. Da marzo a oggi sono decine le misure agevolative introdotte per fronteggiare l’emergenza. Certo, in molti casi si tratta di scelte necessarie per provare ad attutire il colpo degli effetti economici dell’emergenza sanitaria. Ma basta scorrere l’elenco per capire come Governo e Parlamento si siano fatti prendere un po’ la mano, con una dispersione (e, quindi, spreco) di risorse in mille rivoli che rischia di produrre effetti marginali: uno sconticino qui, uno sconticino là, ma senza una visione, con l’evidente scopo di accontentare tutti.

Intanto, all’orizzonte già si intravede un paradosso con il quale il Governo dovrà fare i conti sin dalle prossime settimane. Tra le priorità assegnate al nostro Paese per poter “prenotare” subito i primi 20 miliardi dei 209 complessivi del Recovery Fund attribuiti all’Italia compare anche l’obiettivo della riduzione delle agevolazioni fiscali, insieme al contrasto dell’evasione. Così, nel bel mezzo di questa nuova corsa ai bonus innescata dalla pandemia, il Governo dovrà occuparsi del loro sfoltimento per accedere senza intoppi alle risorse europee.

Una bella scommessa. Che riporta l’attenzione sul fatto che gli sconti non sono gratis e che tutti quelli arrivati in questi ultimi mesi sono stati finanziati in deficit. È il monito lanciato da Mario Draghi nel suo intervento al Meeting di Rimini sul “debito buono”, sostenibile perché utilizzato a fini produttivi, contro il “debito cattivo”, che invece non sarà sostenibile.

Allo stesso modo, esistono “bonus buoni” e “bonus cattivi”. I “bonus cattivi” sono quelli distribuiti a pioggia, quelli che si improvvisano per operazioni di consenso, per un tornaconto elettorale, per rispondere al richiamo di questa o quella lobby.

I “bonus buoni” sono quelli ragionati, quelli utili per affrontare situazioni contingenti – e tutti sanno quanto ce ne sia bisogno – ma con un occhio anche agli scenari futuri. Sono quelli che serviranno davvero per far ripartire le attività economiche. Ce ne sono di ottimi esempi, come il pacchetto sull’efficientamento energetico degli edifici. Oppure quello per il potenziamento del bonus sugli investimenti in ricerca e sviluppo per il Sud. Su questo si dovrà riflettere. E su questo la politica sarà chiamata a scegliere.

A cura di Salvatore Padula